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[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Depositato nella Commissione Lavoro del Senato un disegno di legge che ridurrebbe il Testo Unico sulla sicurezza da 306 a 22 articoli. Le proposte, i principi generali, le modifiche in materia di responsabilità e le prime reazioni delle parti sociali.
Roma, 4 Ago – Ormai da alcuni anni la filosofia che guida il legislatore in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro è quella della razionalizzazione e semplificazione delle norme e degli adempimenti. Molti provvedimenti, ad esempio il cosiddetto “Decreto del fare” o il “ Jobs Act”, hanno previsto infatti semplificazioni e modifiche che hanno cambiato “qui e là” qualche articolo del D.Lgs. 81/2008, ad esempio allargando qualche esonero, introducendo qualche deroga, standardizzando e agevolando l’elaborazione di qualche documento.
Tuttavia c’è chi ritiene che la terapia che necessita alla nostra normativa sulla sicurezza vada ben al di là di qualche taglio o qualche modifica.
Infatti nello scorso mese di luglio è stato depositato dai senatori Maurizio Sacconi e Serenella Fucksia, in Commissione Lavoro del Senato, un nuovo disegno di legge (DDL) tendente al riordino e alla semplificazione del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Un disegno di legge che, sollevando, come vedremo, alcune perplessità e critiche, propone per il futuro una semplificazione drastica: se il DDL fosse approvato la normativa in materia di salute e sicurezza del Testo Unico passerebbe dagli attuali 306 articoli e 51 allegati a 22 articoli e 5 allegati.
Una proposta che prevede anche la possibilità per “medici del lavoro o altri professionisti esperti in materia di sicurezza sul lavoro”, di verificare l’avvenuto adempimento in azienda degli obblighi in materia di salute e sicurezza e certificare, sotto la propria responsabilità, la correttezza delle misure di prevenzione e protezione adottate dalla singola azienda.
E cambiamenti non mancherebbero poi anche nelle responsabilità del datore di lavoro. Secondo i due proponenti la colpa in materia di salute e sicurezza è “colpa di organizzazione” con la conseguenza che ‘essa viene meno ove l’imprenditore dimostri di aver provveduto ad organizzare la sua azienda in modo corretto e attento rispetto alle esigenze di tutela dei propri lavoratori’.
Per illustrare più nel dettaglio il disegno di legge “Disposizioni per il miglioramento sostanziale della salute e sicurezza dei lavoratori” riportiamo alcune parti significative presenti nella presentazione del DDL.
Si indica che la disciplina sulla salute e sicurezza durante il lavoro è stata “prodotta nel presupposto della produzione industriale seriale fortemente meccanizzata e di mansioni lavorative standardizzate, venendo applicata in modo tendenzialmente omologo a tutti i luoghi produttivi di beni come di servizi”.
E si sottolinea che la normativa di salute e sicurezza vigente in Italia “si caratterizza per la sua eccessiva complessità, legislativa e di attuazione”, già bene esemplificata dal numero degli articoli del d.lgs. n. 81/2008, “a sua volta neppure esaustivo rispetto alle disposizioni vigenti”. Complessità ancora più preoccupante – continuano i due senatori – “ove si consideri che il ‘testo unico’ (come già il d.lgs. n. 626/1994) non prevede alcuna ‘modularità’ delle disposizioni applicabili alle aziende rispetto alle peculiarità dei settori e delle attività di riferimento imponendo in modo indistinto a tutti i datori di lavoro l’adozione – tendenzialmente assistita da sanzione penale – delle stesse misure di tutela, progettate avuto riguardo al modello di una impresa manifatturiera, strutturata e organizzata in modo tradizionalmente gerarchico”.
Secondo i proponenti è evidente ed improcrastinabile “indirizzare la normativa vigente in materia di salute e sicurezza verso una maggiore pertinenza rispetto alle dinamiche e ai rischi infortunistici di settore e tenendo conto delle diversità delle organizzazioni di lavoro”.
Insomma appare necessario “abbandonare definitivamente l’approccio formalistico” a favore di uno “pratico e sostanziale, che concepisca le regole di prevenzione in modo coerente con la gravità dei rischi propri delle imprese dei diversi settori di riferimento e che favorisca un approccio normativo fondato sulla sostenibilità degli obblighi di legge da parte degli studi professionali, degli uffici in generale e delle Piccole e Medie Imprese, cui non è logico né corretto chiedere gli stessi adempimenti imposti ad aziende con processi complessi e con numero elevato di lavoratori, senza alcuna considerazione dei dati infortunistici di riferimento”.
Prima di entrare nel dettaglio di qualche articolo riprendiamo i principi generali presentati nel DDL:
- “introduzione del principio del rispetto dei livelli di regolazione minimi previsti dalla legislazione comunitaria di riferimento, eliminando quelle parti delle normative italiane (leggi, decreti, altre fonti) che rispetto ai livelli di regolazione delle direttive comunitarie siano ulteriori e non giustificati da esigenze di tutela dei lavoratori;
- riconoscimento del principio per il quale ildatore di lavoroè tenuto ad adottare le misure di prevenzione e protezione che rappresentano lo ‘stato dell’arte’ in materia di prevenzione di infortuni e malattie, in quanto elaborate da soggetti competenti e, se necessario, ‘validate’ da soggetti pubblici;
- identificazione di principi essenziali di sicurezza, tratti dalle direttive europee e contenuti nelle ‘norme tecniche’, nelle ‘buone prassi’ e nelle ‘linee guida’, che costituiscano i livelli inderogabili – applicati unitariamente a livello nazionale – della tutela dei lavoratori rispetto agli infortuni e alle malattie professionali e il parametro di valutazione dell’adempimento degli obblighi delle aziende, con conseguente abrogazione delle disposizioni ‘di dettaglio’ (tuttora vigenti, spesso risalenti agli anni ’50) di cui ai Titoli II e seguenti del d.lgs. n. 81/2008;
- possibilità per i soggetti obbligati di rivolgersi a soggetti ‘esperti’ in materia di salute e sicurezza sul lavoro i quali, sotto la loro responsabilità professionale, possano ‘certificare’ la correttezza della progettazione e realizzazione delle misure di prevenzione e protezione in azienda, anche previo accesso al patrimonio informativo di cui alSistema Informativo Nazionale per la Prevenzione(SINP);
- incentivazione, con un meccanismo di ‘bonus-malus’ a valere sui premi INAIL, della adozione ed efficace attuazione in azienda delle misure di prevenzione di infortuni e malattie professionali;
- complessiva rivisitazione della normativa vigente, eliminando ripetizioni e sovrapposizioni, anche con riferimento all’apparato sanzionatorio, garantendo la semplificazione della normativa nonché l’effettiva e corretta modulazione dei precetti, anche sanzionatori”.
Prima di raccogliere qualche breve commento sul disegno di legge entriamo nel dettaglio di qualche articolo.
Ad esempio riguardo alle responsabilità il comma 4 dell’articolo 6 evidenzia come la responsabilità penale e civile del datore di lavoro è esclusa ‘nel caso in cui siano intervenuti fatti dovuti a circostanze a lui estranee, eccezionali e imprevedibili, o a eventi eccezionali, le cui conseguenze sarebbero state comunque inevitabili, nonostante il datore di lavoro si sia comportato in modo diligente’.
Certo resta ferma la necessità che il datore di lavoro vigili sulle condotte altrui (comma 5), adempimento che egli può però ottemperare anche attraverso una corretta organizzazione aziendale, ‘per mezzo dei dirigenti e dei preposti e attraverso idonee procedure, anche disciplinari’”. E la responsabilità penale del datore di lavoro è esclusa (comma 6) in caso di infortunio occorso a seguito di grave negligenza del dirigente, del preposto o del lavoratore, ‘ove sia dimostrato il diligente comportamento del datore di lavoro, consistente nella adozione ed efficace attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge e di cui alla normativa vigente in materia di salute e sicurezza sul lavoro’.
L’articolo 7, “centrale nella logica e nella filosofia” della proposta, impone al datore di lavoro di perseguire l’adozione ed efficace attuazione delle “ migliori soluzioni tecniche e organizzative disponibili” e presenta l’attività di supporto e sostegno garantita dai medici del lavoro o da altri professionisti esperti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, chiamati a verificare l’avvenuto adempimento in azienda degli obblighi in materia di salute e sicurezza rilasciando una apposita “certificazione” avente valore legale di presunzione rispetto agli obblighi di legge (comma 3, articolo 7). E al fine di consentire la necessaria selezione dei certificatori, la legge prevede la necessità di iscrizione ad un elenco presso il Ministero del lavoro, previa verifica del possesso di determinati requisiti professionali e di esperienza. Secondo i proponenti tale meccanismo di affidamento a soggetto terzo della certificazione “permetterà una notevolissima riduzione della documentazione di riferimento per la dimostrazione dell’avvenuto adempimento degli obblighi da parte del datore di lavoro favorendo una visione sostanziale e non burocratica della materia e riducendo sensibilmente i costi di gestione degli adempimenti meramente documentali”.
In definitiva quella del nuovo disegno di legge è sicuramente una visione in materia di sicurezza e salute sicuramente molto diversa da quella sottesa non solo dal Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, ma più in generale da tutta l’attuale normativa in materia di SSL.
È evidente che stiamo parlando di una proposta. Una proposta che attende l’esame da parte della Commissione e che potrebbe o non potrebbe mai giungere al voto, almeno in questa forma e senza modifiche.
Rimandando a futuri approfondimenti sul tema, riprendiamo brevemente una breve nota che esprime l’opinione sul DDL da parte di Sebastiano Calleri, Responsabile nazionale salute e sicurezza nei luoghi di lavoro Cgil.
Secondo Calleri quella del disegno di legge è una “riproposizione di posizioni già note e diffuse in passato, molte di stampo ideologico ed alcune di segno contrario perfino a riforme già in atto, come quelle dell’articolo 117 della Costituzione”.
Secondo il dirigente Cgil tale proposta “dispone innanzitutto l’abrogazione del TU 81, per sostituirlo con testo che propone modifiche pericolosissime non solo in merito alle responsabilità oggettive dei Datori di Lavoro (introducendo anche la ‘responsabilità’ in qualche modo esimente di lavoratori e preposti), ma attraverso un sistema del tutto diverso basato sul principio della certificazione della corretta applicazione delle norme da parte di professionisti presunti ‘terzi’ ma retribuiti dai datori di lavoro stessi”.
Inoltre resta non conosciuto, all’interno dell’articolato del DDL – continua Calleri – “il ruolo assegnato ad esempio all’Inail e al nuovo ispettorato unico all’interno del sistema prevenzionistico”.
È probabile che questa proposta sarà seguita nei prossimi mesi da vari commenti di tecnici, politici e parti sociali, commenti che speriamo di poter pubblicare per offrire un ventaglio il più possibile allargato delle opinioni e delle soluzioni proponibili in materia di sicurezza.
Speriamo che il DDL e il dibattito che potrebbe sollevare saranno comunque una buona occasione per riflettere seriamente su come migliorare la sicurezza in Italia, su come adattarla al complesso e variegato mondo lavorativo e su come realizzare norme che siano prima di tutto efficaci nel tutelare la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Tiziano Menduto[/vc_column_text][lsvr_separator][/vc_column][/vc_row]