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[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Un intervento si sofferma sulla gestione dello stress lavoro correlato con riferimento a strategie e strumenti concreti per ben-lavorare, ben-essere e ben-vivere. Le definizioni di stress, i dati, gli strumenti operativi e l’importanza della resilienza.
Roma, 29 Ago – “Contrariamente a quanto si pensa di solito, non dobbiamo, e in realtà non possiamo, evitare lo stress, ma possiamo incontrarlo in modo efficace e trarne vantaggio imparando di più sui suoi meccanismi, e adattando la nostra filosofia dell’esistenza a esso”.
A citare questa frase di una delle persone che più si è occupata di stress, il medico di origine ungherese Hans Selye, è un documento correlato al seminario “ Rischio Stress Lavoro Correlato e Safety Climate. Valutazione, Gestione e Interventi” che si è tenuto a Roma il 16 febbraio 2016 e che è stato organizzato dall’ Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma.
Nel documento “Gestire lo stress lavoro correlato, strategie e strumenti concreti per ben-lavorare, ben-essere e ben-vivere” – a cura della Dott.ssa Enrica Brachi e pubblicato anche su medicalive.it – si ricorda che riguardo allo stress l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro ha adottato la seguente definizione: ‘lo stress lavoro correlato viene esperito nel momento in cui le richieste provenienti dall’ambiente lavorativo eccedono le capacità dell’individuo nel fronteggiare tali richieste’.
Nell’intervento vengono poi riportate alcuni dati e statistiche:
– “lo stress lavoro-correlato e il problema di salute più frequente legato all’attività lavorativa in
Europa dopo i disturbi muscoloscheletrici. Circa la metà dei lavoratori considera lo stress lavoro-correlato un fenomeno comune nel proprio luogo di lavoro;
– il 50- 60% di tutte le giornate lavorative perse è riconducibile allo stress lavoro-correlato;
– un recente sondaggio d’opinione europeo, condotto dall’EU-OSHA sulle cause più comuni dello stress lavoro-correlato, ha evidenziato tra queste la riorganizzazione del lavoro (per il 72% dei lavoratori), le ore lavorate o il carico di lavoro eccessivo (per il 66%) e il fatto di essere oggetto di comportamenti inaccettabili, come mobbing o molestie (per il 59%);
– lo stesso sondaggio ha evidenziato che all’incirca quattro lavoratori su dieci pensano che lo stress non venga gestito adeguatamente nel proprio luogo di lavoro;
– solitamente, le assenze causate dallo stress lavoro-correlato tendono a essere più lunghe di quelle derivanti da altre cause”.
In ogni caso l’autrice indica che i rischi psicosociali “si possono prevenire e gestire, indipendentemente dalle dimensioni e dalla tipologia di azienda, dato che esistono strumenti per gestire con efficacia lo stress, ampliando le capacità individuali per fronteggiare le richieste lavorative e sviluppando adeguate ‘strategie di coping’ (fronteggiamento realtà), funzionali e contestualizzate”.
In particolare alcuni studi recenti (“P.N.E.I.: PsicoNeuroImmunoEndocrinologia, Maslach e Leiter – Work Engagement/Impegno, Benson – Harvard Medical School, Mindfulness, Intelligenza Emotiva, Psicologia Positiva, etc.”) offrono “molteplici ed interessanti strumenti operativi da metabolizzare e personalizzare per evitare le conseguenze del distress”, dove con distress si rappresenta generalmente l’aspetto negativo dello stress, contrapposto invece all’eu-stress.
Ed esistono “principi e tecniche avanzate di gestione dello stress, problem solving, decision making, attitudini vincenti/mindset/formae mentis strategiche da incrementare/rafforzare (creatività, coraggio, focus), proattività e response-ability per individuare ogni volta la ‘giusta distanza relazionale’ nei problemi, con le persone, nei conflitti interiori e relazionali”. E acquisire una cultura in cui lo stress diviene eu-stress “amplia la sfera d’influenza individuale a tutti i livelli (fisico, mentale, emozionale e spirituale/valoriale) per non subire le inevitabili difficoltà. Eliminando le interferenze si sprigiona il proprio potenziale, nonostante e talvolta grazie alle criticità”.
L’intervento sottolinea che “per il professionista che si è preparato a 360° ed ha allenato le sue capacità ( Non Technical Skills), tutto questo diviene possibile e determina risultati concreti – alte performance – insieme ad uno stato di benessere individuale, gratificante e nutriente, che diviene contagioso”.
Il segreto per raggiungere questo stato di benessere è “ampliare la consapevolezza, riconoscere i comportamenti disfunzionali e agire con più ampie possibilità di scelta, per trasformare le criticità/i problemi in occasioni sfidanti di crescita individuale, relazionale, organizzativa”.
In questo senso la Resilienza, termine che indica anche la proprietà che alcuni materiali hanno di “conservare la propria struttura o di riacquistare la forma originaria dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione”, rappresenta l’importante “capacità di persistere nel perseguire obiettivi difficili, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà relative”. È la “capacità delle persone ‘di far fronte a eventi stressanti, traumatici, di forte cambiamento, riorganizzando in maniera positiva la propria vita dinanzi alle difficoltà’. È resiliente chi è disposto al cambiamento quando necessario”.
Dunque la resilienza non è solo ‘capacità di resistere’, ma “anche di ‘ricostruirsi per superare le avversità. Gli individui con un alto livello di resilienza riescono a fronteggiare efficacemente le contrarietà e l’esposizione alle avversità sembra rafforzarle piuttosto che indebolirle, in quanto agiscono con ottimismo, flessibilità e creatività, facendo facilmente tesoro delle proprie e delle altrui esperienze”. Inoltre l’individuo resiliente “manifesta alcune caratteristiche specifiche: è un ottimista e tende a ‘leggere’ gli eventi negativi come momentanei e circoscritti; ritiene di possedere un ampio margine di controllo sulla propria vita e sull’ambiente che lo circonda; è fortemente motivato a raggiungere gli obiettivi che si è prefissato; tende a vedere i cambiamenti come una sfida/opportunità, piuttosto che come una minaccia; di fronte a sconfitte e frustrazioni tende a non perdere mai la speranza”.
Si indica che la resilienza è “una delle competenze dell’ Intelligenza Emotiva”. Può “essere appresa e potenziata in chiunque, migliorata sempre, sviluppando l’autostima, l’autoefficacia, l’abilità di tollerare le frustrazioni della vita senza lamentarsi, la gestione delle proprie emozioni, la capacità di risolvere problemi e produrre cambiamenti, per agire con coraggio, speranza, tenacia e senso dell’umorismo”. In questo senso la formazione “empowerment oriented” è una priorità “per essere efficaci, resilienti e capaci di fronteggiare adeguatamente le sfide.
L’intervento si conclude ricordando come la “capacità di comunicare con efficacia con noi stessi e con gli altri e quindi ampliare e consolidare le competenze di padronanza personale e influenza relazionale”, sia importante per “promuovere il benessere e la salute nei luoghi di lavoro”. E si indica che la gestione dello stress “è una Life Skills – una competenza per vivere – assolutamente indispensabile, con ricadute significative in ogni ambito e pertanto merita il giusto riconoscimento ed investimento in educazione per facilitare individui, gruppi, organizzazioni a trasformare il distress in eu-stress, il veleno in medicina”.
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