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Autore: Anna Guardavilla
Categoria: Sentenze commentate

19/04/2019: Il profilo professionale desumibile dalla Norma UNI 11720:2018, il ruolo, la funzione, lo scopo e le sfide nell’integrazione tra salute, sicurezza e ambiente.

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Come noto, la Norma UNI 11720:2018, attiva dal 19 luglio 2018, ha tratteggiato i “requisiti di conoscenza, abilità e competenza” del cosiddetto “Manager HSE (Health, Safety and Environment)” quale figura di supporto che sta prendendo sempre più piede nelle aziende.

Sul valore e sulla vincolatività in generale delle norme tecniche, si è già avuto modo di scrivere nell’articolo “ Norme Tecniche: valore giuridico e vincolatività”.

Ciò premesso, più che descrivere nel dettaglio tutti i contenuti della norma UNI, ormai per lo più nota, ciò che invece interessa qui è mettere a fuoco – sinteticamente e senza pretese di completezza – quale tipo di figura professionale, in termini di ruolo, funzione e scopo, emerga da tale documento, il quale si è posto l’obiettivo di ricostruire il profilo di un soggetto che svolge un’attività professionale ad oggi non regolamentata dalla normativa cogente.

Per far ciò – come sempre in questi casi – occorre partire dai compiti e più in generale dalla funzione svolta da tale soggetto, posta in relazione agli obiettivi e allo scopo ultimo cui deve tendere la sua attività.

In linea con tale approccio, nel punto dedicato agli aspetti metodologici, il documento UNI precisa che “ai fini della declinazione dei requisiti di conoscenza, abilità e competenza del Manager HSE è necessario partire da una preliminare identificazione dei compiti e delle attività specifiche della figura professionale”.

E, prima ancora, dal contesto all’interno del quale si inscrive l’operatività del Manager HSE, un contesto caratterizzato dal fatto che “sempre più organizzazioni, sia pubbliche sia private, sentono la necessità di dotarsi di figure professionali in grado di supportarle nel percorso verso il pieno rispetto dei requisiti in ambito HSE e di svolgere un ruolo di spinta al miglioramento continuo nelle aree della prevenzione e tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e della protezione dell’ambiente.”

La necessità delle organizzazioni di garantire da un lato il “rispetto dei requisiti in ambito HSE” [1] e dall’altro l’esercizio di “un ruolo di spinta al miglioramento continuo nelle aree HSE” viene dunque identificata come l’esigenza che primariamente giustifica l’istituzione da parte delle aziende di tale figura professionale di supporto.

E’ poi l’integrazione tra le aree della prevenzione e tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e della protezione dell’ambiente, secondo il documento UNI, la “modalità più efficiente ed efficace per perseguire la conformità legislativa e le strategie aziendali, in una prospettiva di miglioramento continuo”.

Il tema dell’integrazione torna poi a più riprese nel documento.

Ad esempio, allorché il Manager HSE viene definito come “un professionista che ha le conoscenze, abilità e competenze che garantiscono la gestione complessiva e integrata dei processi e sotto processi in ambito HSE”.

Ancora, ritorna nella descrizione dell’HSE quale soggetto che “promuove e sostiene le strategie in ambito HSE in linea con le politiche stabilite dall’organizzazione e ne coordina l’implementazione, contribuendo allo sviluppo, all’attuazione ed all’integrazione delle modalità adottate per la gestione dei processi HSE.”

Gli ambiti di integrazione in cui si declina e a cui mira lo svolgimento di tale funzione sono dunque vari.

Sotto il profilo della garanzia del rispetto dei requisiti in ambito HSE, di cui si è detto, si osserva che una delle difficoltà che deve affrontare chi svolge questo delicato ruolo, è quella di riuscire ad integrare – in termini applicativi, cogliendone di volta in volta le interconnessioni ma anche le differenziazioni – diversi pacchetti normativi, quali quello della salute e sicurezza da un lato e dell’ambiente dall’altro, i quali presentano certamente alcuni visibili parallelismi da alcuni punti di vista ma senza dubbio non viaggiano su binari così rigorosamente paralleli e sempre analogici come spesso erroneamente si pensa.

Questa  particolare esigenza di integrazione, legata all’aspetto della conformità legislativa negli ambiti salute, sicurezza e ambiente, rappresenta una importante sfida per il Manager HSE, sia “operativo” che “strategico” (secondo la distinzione operata dalla norma UNI, cui si rinvia), ferme restando le diverse declinazioni in termini di ricadute applicative per il Manager HSE a seconda della prevalenza (operativa o strategica) dell’attività connessa al proprio ruolo, a seconda del contesto e di vari altri fattori.

In termini di attribuzioni, secondo il documento UNI “il Manager HSE, in funzione dei propri compiti ed attività prevalenti, supporta l’organizzazione sia nella definizione della strategia aziendale/imprenditoriale (funzionalità ex ante), anticipando i rischi delle diverse alternative decisionali, sia nella gestione operativa e nell’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi per i lavoratori, per l’ambiente e per il patrimonio aziendale (funzionalità ex post), coerentemente con le normative vigenti.” 

Ricordiamo qui che la coerenza con la normativa vigente, che viene richiamata per l’HSE Manager, è anche il presupposto di partenza per l’attività dell’RSPP (in quest’ultimo caso secondo la normativa cogente), il quale ai sensi del Testo Unico di salute e sicurezza “provvede […] all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale” (art.33 c.1 lett.a) D.Lgs.81/08).

Similmente, così come al Responsabile del Servizio di Prevenzione e protezione è richiesto un costante aggiornamento, anche con riferimento al Manager HSE secondo la norma UNI “tutte le conoscenze, le abilità e le competenze devono essere aggiornate in relazione all’evoluzione normativa, tecnologica, organizzativa e gestionale.”

Possiamo ancora aggiungere in via analogica, che così come il documento UNI riconosce che “il Manager HSE deve essere in grado di operare in contesti articolati e interdisciplinari”, analogamente con riferimento alla figura dell’RSPP (istituita però – lo ricordiamo ancora una volta – dalla legislazione cogente primaria, con tutte le conseguenze che ciò comporta) la Cassazione sottolinea che questi “coopera in un contesto che vede coinvolti diversi soggetti, con distinti ruoli e competenze. In breve, un lavoro in équipe” e che il suo ruolo è “parte inscindibile di una procedura complessa” Cass. Pen., Sez. Un., 18.9.2014 n.38343, caso Tyhssenkrupp).

Le analogie qui da ultimo richiamate  non devono però far sorgere confusioni in termini di ruolo tra i due soggetti (isolatamente considerati): va sempre ricordato che l’ RSPP, considerato in quanto tale (e, lo ricordiamo ancora una volta, quale soggetto istituito da una norma primaria cogente), svolge un ruolo avente natura prettamente e specificatamente consulenziale, come da sempre precisato dalla giurisprudenza che non manca mai di sottolineare che “il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è, in altri termini, una sorta di consulente del datore di lavoro” (Cass. Pen., Sez. IV, 15.01.2010 n.1834). 

Da questo punto di vista i confini emergono in maniera chiara – in termini di differenziazione – dai concetti e dalla terminologia presenti nel documento UNI, che identifica il ruolo dell’HSE Manager quale ruolo di un soggetto che svolge “una professione di carattere gestionale” e che giustappunto, per poterla svolgere adeguatamente, “possiede una conoscenza gestionale degli ambiti HSE riferita ad aspetti legali, normativi, tecnici, gestionali e relazionali” oltre a “caratteristiche psicoattitudinali riferite alla leadership e alla managerialità”.

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

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