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Autore: Gerardo Porreca
Categoria: Sentenze commentate
13/05/2019: La prevenzione degli infortuni di soggetti estranei a un cantiere appartiene al gestore del rischio connesso alla sua esistenza anche se essi tengono condotte imprudenti purché non esorbitanti il tipo di rischio definito dalla norma cautelare violata.
Entra questa sentenza della Corte di Cassazione nel gruppo di pronunce che hanno riguardato infortuni occorsi a soggetti estranei ai luoghi di lavoro nei quali gli stessi sono venuti a trovarsi e avvenuti comunque per motivi legati a carenze di misure di prevenzione e alla presenza di violazioni negli stessi luoghi di norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Chiamata a esprimersi su di un ricorso presentato da un datore di lavoro per un infortunio occorso a un soggetto che, introdottosi in un cantiere privo di recinzioni, nel mentre stava salendo su di un ponteggio fisso per incontrarsi con un lavoratore che operava su di esso, è caduto da una scala del ponteggio stesso risultata irregolare, la Corte suprema, nel rigettare il ricorso, ha precisato che la prevenzione degli infortuni di soggetti estranei a un cantiere appartiene al gestore del rischio connesso alla sua esistenza anche se tali soggetti tengono condotte imprudenti purché le stesse non siano esorbitanti il tipo di rischio definito dalla norma cautelare violata. L’infortunato nel caso in esame aveva subito nella caduta gravi lesioni che lo avevano portato al decesso a quasi due anni di distanza dall’incidente.
Nel prendere la sua decisione la suprema Corte ha ritenuto che del fatto doveva rispondere il datore di lavoro dell’impresa esecutrice, anche se l’infortunato non era un suo dipendente, atteso che il ponteggio non era risultato essere realizzato a norma e dato che chiunque sarebbe potuto salire sullo stesso in quanto era posizionato sulla pubblica via.
L’evento infortunistico, le sentenze e il ricorso per cassazione
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione
L’evento infortunistico, le sentenze e il ricorso per cassazione
La Corte di Appello ha confermata la condanna emessa dal Tribunale a carico dell’amministratore unico di una società in relazione al delitto di omicidio colposo, con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, a lui contestato in qualità di datore di lavoro, per l’infortunio accaduto a un soggetto, non suo dipendente, in un cantiere nel quale si stavano eseguendo dei lavori per i quali era stato allestito un ponteggio a ridosso della parete esterna di un edificio. L’infortunato, in particolare, per salutare il datore di lavoro, suo amico, era salito sul ponteggio e si stava portando dal primo al secondo livello dello stesso utilizzando una scala non ancorata all’impalcatura ma solo appoggiata alla parete dell’edificio allorquando la scala era scivolata dalla parete facendolo cadere.
La Corte territoriale aveva deciso che del fatto doveva rispondere il datore di lavoro, anche se l’infortunato non era un suo dipendente, essendo risultata la causa dell’accaduto legata all’assenza di protezioni e parapetti nel punto di caduta nonché all’impossibilità di ancorare la scala stessa al pavimento del primo livello del ponteggio e all’assenza di recinzioni attorno al cantiere, atteso anche che chiunque sarebbe potuto salire sul ponteggio posizionato sulla pubblica via.
Avverso la sentenza della Corte di Appello l’imputato ha fatto ricorso alla Cassazione avanzando alcune motivazioni. Come motivo principale il ricorrente ha lamentata una violazione di legge in riferimento all’applicazione delle regole cautelari in materia prevenzionistica in quanto l’infortunato, sebbene non fosse dipendente da alcuna delle ditte impegnate nel cantiere, aveva posto in essere un comportamento di volontaria ed imprevedibile esposizione a rischio, oltre al fatto che era in stato di alterazione da uso di alcool e cocaina, e in più non aveva calzature idonee e si era avventurato sul ponteggio senza badare al fatto che lo stesso era in fase di smontaggio ragion per cui era stata già rimossa la recinzione.
Il ricorrente ha denunciata, altresì, una violazione di legge in riferimento alla collegabilità eziologica dell’evento-morte alle lesioni riportate dall’infortunato in seguito all’incidente avendo la sentenza sul punto tratte delle conclusioni arbitrarie, a fronte dell’inutilizzabilità dell’accertamento autoptico e del fatto che il consulente di parte civile lo aveva visitato almeno un mese prima del decesso. Ha lamentato inoltre, come ulteriore motivazione, una violazione di legge in riferimento alla mancata osservanza della regola dell'”oltre ogni ragionevole dubbio”, all’eccessività della pena e alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata la motivazione relativa alla posizione dell’infortunato che era estraneo al cantiere e non era un dipendente dell’impresa esecutrice. “In materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro”, ha infatti precisato la stessa suprema Corte, “appartiene al gestore del rischio connesso all’esistenza di un cantiere anche la prevenzione degli infortuni di soggetti a questo estranei, ancorché gli stessi tengano condotte imprudenti, purché non esorbitanti il tipo di rischio definito dalla norma cautelare violata”.
L’incidente, secondo la Sez. IV, era da ricollegarsi con certezza alla realizzazione del ponteggio secondo criteri non adeguati alla normativa prevenzionistica in quanto gli stessi erano privi di parapetti e fermapiedi in più punti, compreso quello di caduta, e da ricollegarsi altresì all’utilizzo di una scala inidonea (in violazione di quanto disposto dall’art. 113 del D. Lgs. n. 81/2008), atteso che essa non poteva essere ancorata alla pavimentazione del piano di calpestio, nonché alla mancata recinzione del cantiere, accessibile a chiunque, e pertanto rischioso anche per l’incolumità degli estranei in violazione di quanto espressamente previsto dall’art. 109 del D. Lgs. n. 81/2008.
La Sez. IV ha ritenuto, inoltre, non credibile quanto asserito da un teste circa il fatto che le recinzioni e i parapetti fossero stati appena smontati e che l’infortunato avesse deciso di salire sul ponteggio in modo improvviso, sottolineando che comunque ciò che conta é che le suddette protezioni non erano presenti e non sono state neppure trovate smontate, così come anche le recinzioni del cantiere, e che le lavorazioni erano ancora in corso con la conseguenza che erano immanenti sia il rischio di accesso al cantiere da parte di estranei, sia quello legato alla mancanza di protezioni sul ponteggio e che la scala tra il primo e il secondo livello era solo poggiata al muro.
Infondata ha ritenuto infine la suprema Corte pure la motivazione basata sull’assenza di un nesso fra la morte dell’infortunato le lesioni dallo stesso riportate in seguito all’incidente in quanto era risultato evidente che erano stati i gravi traumi riportati dalla vittima nell’incidente a rendere necessari plurimi interventi neurochirurgici e a determinare un’evoluzione del quadro clinico tale da cagionarne il progressivo deterioramento della sua salute fino alla sua morte. La sentenza impugnata, anzi, ha così concluso la Sez. IV, aveva escluso espressamente la presenza di fattori sopravvenuti potenzialmente interruttivi del nesso causale tra le lesioni riportate dall’infortunato, quale immediata conseguenza della condotta negligente e inosservante dell’imputato, e il successivo decesso. Il ricorso è stato pertanto rigettato e al rigetto è seguita così la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Gerardo Porreca
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