Gli impianti per biometano, diversamente dagli impianti per biogas, producono metano che avrà le stesse caratteristiche di quello naturale estratto dal sottosuolo e, pertanto, altrettanto utilizzabile per autotrazione o altri usi domestici.

Gli impianti fotovoltaici, idroelettrici e biogas, per la loro stessa natura producono energia elettrica, i primi direttamente, i secondi per mezzo di cogeneratori (motori a combustione interna) che utilizzano il biogas come combustibile.

La quota dell’energia elettrica così prodotta viene immessa sul mercato e ad oggi non può, se non in piccolissima parte, essere usata per l’autotrazione a causa delle ancora presenti difficoltà come ad esempio:

  • Costi attuali troppo alti per produrre in serie una vettura elettrica;
  • Mancanza di batterie ad alta efficienza che permettano una giusta autonomia;
  • La mancanza della rete di impianti di ricarica;
  • Gli alti tempi di ricarica;
  • La ancora timida volontà dei costruttori di investire in modo massivo, sulla produzione di motori elettrici;
  • Politicamente il rischio di spostare in negativo il PIL dei paesi che estraggono combustibili fossili con conseguenze sulla stabilità degli stessi.

Ecco che allora, in questa ottica, gli impianti a biometano contribuiscono a soddisfare le richieste di metano per autotrazione, producendolo utilizzando prodotti di risulta come alcuni reflui organici degli allevamenti animali, sottoprodotti alimentari e la FORSU, acronimo di Frazione Organica Rifiuto Secco Umido, il quale, altrimenti, finirebbero in centro di compostaggio per la produzione di compost (terra da vaso per agricoltura).

La combustione diretta del biogas in motori a combustione interna per la produzione di energia elettrica, presenta tuttavia alcune criticità e comporta – non diversamente da ogni altro tipo di combustione – la produzione e la dispersione in ambiente di numerose sostanze chimiche. Alcune di queste sostanze sono particolarmente nocive per la salute umana, esponendo la popolazione residente in prossimità degli impianti a rischi non trascurabili.

Da circa 20 anni in Europa e in particolare in Svezia, si provvede a raffinare ulteriormente il biogas, in modo da ridurre drasticamente i componenti indesiderati (CO2, H2S, H2O) ed ottenere metano ad alto grado di purezza, compatibile con l’immissione nella rete di distribuzione del gas naturale e con l’uso per autotrazione.