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Una pubblicazione della Regione Piemonte introduce all’uso corretto dei prodotti fitosanitari in agricoltura. Focus sulla definizione di prodotto fitosanitario, sulla classificazione tossicologica e sui suggerimenti per limitare i residui negli alimenti.

Come più volte ricordato anche dal nostro giornale, il comparto agricolo è uno dei comparti a maggior rischio per la sicurezza e la salute degli operatori. E se l’uso di vari prodotti chimici di sintesi ha migliorato le produzioni agricole, ha tuttavia anche prodotto modifiche nei delicati equilibri ambientali ed ha avuto ripercussioni sulla salubrità dei prodotti e sui rischi lavorativi degli operatori agricoli.

Proprio per parlare di questi rischi e conoscere i prodotti fitosanitari utilizzati in agricoltura, ci soffermiamo oggi su uno dei documenti correlati al progetto “ Io coltivo in sicurezza” e presentati negli incontri che l’ ASL Cn2 ha organizzato per offrire agli operatori agricoli momenti di sensibilizzazione, formazione e confronto sulla sicurezza in agricoltura.

Nel documento “Guida all’uso corretto dei prodotti fitosanitari” – elaborato per la Regione Piemonte da un gruppo di lavoro e inserito come supplemento al n. 87 dei Quaderni della Regione Piemonte della Collana “Agricoltura” – si sottolinea, nelle premesse, che da oltre vent’anni la Regione Piemonte mette a disposizione, per quanti debbano sostenere l’esame per il conseguimento del patentino per l’uso e la conservazione di prodotti fitosanitari, una guida rivolta agli operatori agricoli e ai tecnici del settore. Questa nuova guida, realizzata dai tecnici della Direzione Agricoltura, in collaborazione con Asl e Università di Torino, vuole essere uno “strumento pratico di conoscenza, di supporto e integrazione ai corsi di formazione che vengono svolti su questo tema”.

Lo scopo della Guida è proprio quello, con riferimento all’uso dei fitosanitari, di “sensibilizzare gli utilizzatori agricoli sull’importanza del loro ruolo, di garantire la sicurezza sia di chi effettua il trattamento sia dei consumatori e della popolazione in generale, aggiornare gli operatori in merito alle tecniche innovative e più rispettose dell’ambiente e della salute, fornire informazioni sull’evoluzione della normativa, al fine di attuare un’agricoltura produttiva e rispettosa dell’ambiente”. E per raggiungere questi obiettivi la guida traccia un “quadro sintetico” delle avversità delle piante, dei metodi di lotta, delle caratteristiche dei prodotti fitosanitari, del loro possibile impatto sull’ambiente, delle norme corrette per la vendita e l’impiego.

 

In questo primo articolo di presentazione del documento, cerchiamo innanzitutto di comprendere cosa si intenda per fitosanitari, anche per non far confusione con i vari termini e sinonimi utilizzati normalmente.

 

La guida infatti indica che il termine “prodotti fitosanitari” (PF) è oggi utilizzato “in sostituzione di termini impiegati in passato come ad esempio fitofarmaci, antiparassitari, presidi sanitari”. E che nel linguaggio comune i prodotti fitosanitari “vengono spesso indicati anche con il termine di agrofarmaci”.

Non bisogna poi confondere i termini “fitosanitari” e “pesticidi”. Il termine “pesticidi” ha infatti un “significato estensivo, in quanto comprende non solo i prodotti fitosanitari, ma anche i biocidi, cioè i prodotti usati per debellare organismi nocivi e portatori di malattie, quali insetti, ratti, ecc”.

 

Per spiegare cosa siano nel dettaglio i fitosanitari, la guida fa riferimento al D.P.R. 55 del 28 febbraio 2012 recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n.

290, per la ‘semplificazione dei procedimenti di autorizzazione alla produzione, alla immissione in commercio e alla vendita di prodotti fitosanitari e relativi coadiuvanti’.

In questo decreto i prodotti fitosanitari (P.F.) vengono definiti “prodotti, nella forma in cui sono forniti all’utilizzatore, contenenti o costituiti da sostanze attive, antidoti agronomici o sinergizzanti, destinati a:

– proteggere i vegetali o i prodotti vegetali da tutti gli organismi nocivi o prevenirne gli effetti;

– influire sui processi vitali dei vegetali, con esclusione dei fertilizzanti che influiscono sulla loro crescita;

– conservare i prodotti vegetali, con esclusione dei conservanti disciplinati da particolari disposizioni comunitarie;

– eliminare le piante indesiderate;

– controllare o evitare una crescita indesiderata dei vegetali”.

E il campo di utilizzo dei prodotti fitosanitari può essere anche extra agricolo, con riferimento alle applicazioni alle piante ornamentali, da appartamento e da giardino domestico.

 

Riprendiamo dal documento una tabella relativa ai prodotti fitosanitari più utilizzati:

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Riguardo alle modalità di azione si ricorda che i prodotti fitosanitari “possono essere applicati alla pianta o al terreno:

– i trattamenti alla pianta possono essere effettuati mediante applicazione diretta (ad es. concia dei semi, disinfezione delle talee o dei tagli di potatura) o tramite immissione nell’atmosfera sotto forma di polvere o miscela acquosa;

– i trattamenti al terreno possono essere effettuati mediante incorporamento o attraverso l’irrigazione”.

 

Parliamo ora brevemente della classificazione tossicologica dei fitosanitari.

 

La guida indica che i prodotti fitosanitari sono stati suddivisi “in classi di tossicità in base all’impatto che questi possono avere nei confronti sia dell’uomo, sia dell’ambiente”.

Inoltre si indica che la normativa vigente “valuta il problema con un’ottica molto più ampia, prendendo in esame anche la tossicità cronica, l’impatto sull’ambiente (aria, acqua e suolo), la persistenza, la quantità dei residui, l’azione sull’ecosistema e in particolare sulla fauna utile e sugli organismi non bersaglio; considera, oltre alla sostanza attiva, anche gli eventuali prodotti coadiuvanti e coformulanti che possono concorrere ad aumentare il rischio di tossicità, nonché il tipo di formulazione con cui il prodotto fitosanitario è messo in commercio. Per questo motivo i formulati commerciali contenenti la stessa sostanza attiva possono essere classificati in modo differente, tenendo appunto conto dei coadiuvanti, della concentrazione e della formulazione della sostanza attiva”.

In particolare la classificazione del rischio nei confronti di organismi animali “si basa principalmente sulla ‘dose letale 50’ (DL50) e sulla ‘concentrazione letale 50’ (CL50), che esprimono la tossicità acuta del prodotto”. Ma nella classificazione dei prodotti “si tiene conto anche dei rischi di cancerogenesi, mutagenesi, teratogenesi per i quali sono previsti altresì specifici simboli di pericolo”.

 

Come sappiamo dal 1° giugno 2015 i prodotti fitosanitari (miscele) devono “essere obbligatoriamente classificati, etichettati e imballati secondo il Regolamento (CE) n. 1272/2008 denominato CLP (Classification, Labelling and Packaging), che aggiorna il sistema di classificazione ed etichettatura dei prodotti chimici”.

 

Rimandando ad una lettura integrale del documento, che riporta le novità generali del Regolamento CLP, ricordiamo, infine, che per tutelare i consumatori, il Reg. (CE) N. 396/2005 stabilisce su scala comunitaria “il limite massimo di residui (LMR) consentito nei prodotti di origine vegetale e animale”.

In particolare il limite massimo di residui “è strettamente collegato con il rispetto dell’intervallo di tempo che intercorre tra l’ultimo trattamento e la raccolta (tempo di carenza o intervallo di sicurezza) e delle altre indicazioni tecniche di utilizzo (dose, periodo, tipo di distribuzione) nonché alle condizioni ambientali (temperatura). Indica la quantità massima di sostanza attiva, delle sue impurezze e/o dei sui prodotti di metabolizzazione, degradazione o reazione che può essere tollerata sui prodotti destinati all’alimentazione in qualsiasi momento successivo alla raccolta”.

 

Concludiamo questa presentazione con alcuni suggerimenti di buona prassi.

Infatti generalmente è possibile “mantenere il livello dei residui degli alimenti entro i limiti stabiliti dalla legge, osservando scrupolosamente le norme riportate in etichetta ed i dettami di buona pratica agricola e in particolare è importante:

– effettuare il trattamento solo se realmente necessario;

– dare la preferenza a prodotti con minor impatto ambientale;

– rispettare sempre le indicazioni relative ai campi d’impiego (colture ed avversità specificatamente ammesse);

– utilizzare in serra solo i prodotti per i quali tale uso è riportato in etichetta;

– rispettare e non superare le dosi consigliate in etichetta;

– rispettare i periodi di intervento” e, quando indicato in etichetta, il “numero di interventi consigliati;

– rispettare il tempo di carenza, sia per la raccolta, sia nel caso di prodotti immagazzinati, per la messa in commercio;

– non far pascolare animali in campi trattati prima che sia trascorso un congruo periodo di tempo, che normalmente coincide con il tempo di carenza;

– utilizzare apparecchiature di distribuzione controllate, tarate e perfettamente efficienti;

– regolare il getto dell’irroratrice in modo che non provochi deriva su colture adiacenti;

– trattare solo in condizioni meteorologiche adatte, evitando i periodi più caldi della giornata e giornate ventose o piovose”.

 

Tiziano Menduto

 

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