Autore: Rolando Dubini
Categoria: Rischi da agenti biologici

02/03/2020: Polmonite da Coronavirus (Covid-19), influenza, aggiornamento della valutazione dei rischi da esposizione non intenzionale/occasionale ad agenti biologici e misure di prevenzione e protezione. A cura dell’avvocato Rolando Dubini.

COVID-19: sulla valutazione dei rischi da esposizione ad agenti biologici

Polmonite da Coronavirus (Covid-19), influenza, aggiornamento della valutazione dei rischi da esposizione non intenzionale/occasionale ad agenti biologici e misure di prevenzione e protezione. A cura dell’avvocato Rolando Dubini.

È evidente che in questa fase emergenziale correlata alla diffusione inaspettata sul nostro territorio del nuovo coronavirus, il tema dell’eventualità che sia obbligatorio, utile o inutile un aggiornamento della valutazione dei rischi biologici è un tema delicato che genera opinioni diverse. Per questo motivo, dopo i precedenti articoli sul tema, abbiamo deciso di continuare a parlarne e pubblicare anche il parere dell’avvocato Rolando Dubini.

Parlare di questa eventualità, magari cercando di individuare anche le particolari situazioni lavorative e/o territoriali per cui potrebbe valere, può essere utile in attesa di un chiarimento definitivo da parte degli organi istituzionali.

Indicazioni normative

Articolo 28 – Oggetto della valutazione dei rischi

  1. La valutazionedi cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) … deve riguardare tutti …i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari …

Articolo 271 – Valutazione del rischio [biologico]

  1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischiodi cui all’articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare:
  2. a)della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall’ALLEGATO XLVIo, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all’articolo 268, commi 1 e 2;
  3. b)dell’informazione sulle malattie che possono essere contratte;
  4. c)dei potenziali effetti allergici e tossici;
  5. d)della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all’attività lavorativa svolta;
  6. e)delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio;
  7. f)del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
  8. Il datore di lavoro … adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al presenteTitolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative…
  9. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell’ALLEGATO XLIV,che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l’attuazione di tali misure non è necessaria.
  10. Il documento di cui all’articolo 17 è integrato dai seguenti dati:
  11. a)le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici;
  12. b)il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla letteraa);
  13. c)le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
  14. d)i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive e protettive applicate;
  15. e)il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.
  16. Il rappresentante per la sicurezza è consultato prima dell’effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.

Articolo 272 – Misure tecniche, organizzative, procedurali

  1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui all’articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.
  2. In particolare, il datore di lavoro: …
  3. b)limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici;
  4. c)progetta adeguatamente i processi lavorativi, anche attraverso l’uso di dispositivi di sicurezza atti a

proteggere dall’esposizione accidentale ad agenti biologici;

  1. d)adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l’esposizione; …
  2. h)definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti ...

I rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori

La Valutazione dei Rischi aziendale dovrebbe già contenere il capitolo del “ rischio biologico, anche se inteso come rischio INDIRETTO [esposizione non deliberata ad agenti chimici n.d.r.] e non per l’uso deliberato di specifici agenti biologici; stante quella che potremmo definire una “globalizzazione negativa” di nuovi e sempre più subdoli rischi per i luoghi di lavoro, ritengo che un capitolo ampliato su questi “rischi” andrebbe sempre compreso nel Documento completo, anche per una sempre maggiore “promozione della salute”. [Medico Competente Dott. Luigi Del Cason, Intervista a Punto Sicuro] 

  1. Premessa

Il 31 dicembre 2019 le autorità cinesi hanno segnalato un focolaio di polmonite da cause sconosciute nella città di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei. Il 9 gennaio 2020 la task-force cinese grazie alle tecnologie molecolari ha isolato l’agente eziologico: un nuovo ceppo di coronavirus, denominato provvisoriamente 2019-nCoV, non identificato prima nell’uomo.

Il 12 febbraio 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha identificato il nome definitivo della malattia in COVID-19, abbreviazione per coronavirus disease 2019.

Nello stesso giorno la Commissione internazionale per la tassonomia dei virus (International Committee on Taxonomy of Viruses – ICTV) ha assegnato il nome definitivo al virus che causa la malattia: SARS-CoV2, sottolineando che si tratta di un virus simile a quello della SARS. L’emergenza di sanità pubblica internazionale (Public Health Emergency of International Concern – PHEIC9) è stata dichiarata dal Direttore generale dell’OMS il 30 gennaio 2020.

Nella Conferenza stampa del Capo della protezione civile Angelo Borrelli alle ore 12 del 27 febbraio 2020 sono stati comunicati i dati italiani: 528 persone colpite da Covid-19 con incremento di 128 casi, rispetto alle ore 18 del 26 febbraio, di cui:

– 14 deceduti

– 42 guariti (di cui 1 dimesso)

Le persone contagiate sono così suddivise per Regione:

  • 305 Lombardia. Rispetto al 26 febbraio ore 18, si è verificato un incremento di n. 47 casi
  • 98 Veneto. Rispetto al 26 febbraio ore 18, si è verificato un incremento di n. 27 casi
  • 97 Emilia Romagna. Rispetto al 26 febbraio ore 18, si è verificato un incremento di n. 50 casi
  • 3 Piemonte
  • 3 Lazio (si tratta di due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani e del ricercatore dimesso, tutti guariti)
  • 3 Marche. Rispetto al 26 febbraio ore 18, si è verificato un incremento di n.2 casi
  • 3 Sicilia (comitiva proveniente dalla provincia di Bergamo)
  • 2 Toscana
  • 2 Campania
  • 11 Liguria.
  • 1 Abruzzo
  • 1 Trentino Alto Adige 

I primi casi in Italia

Il primo caso di trasmissione secondaria si è verificato all’Ospedale di Codogno il 18 febbraio 2020.

La maggioranza dei casi rilevati è in isolamento domiciliare e non necessita di cure ospedaliere.

La principale differenza con l’influenza è che quando siamo di fronte al Coronavirus le difficoltà respiratorie si manifestano «subito, nei primi giorni». Rispetto all’influenza il coronavirus provoca più facilmente complicanze a carico del sistema respiratorio come «polmoniti gravi e polmoniti interstiziali».

Come ha spiegato il professor Fabrizio Pregliasco “la malattia provocata dal nuovo coronavirus, rispetto ad altre, è banale e non è contagiosissima, come possono esserlo, ad esempio, il morbillo o la varicella, ma è piuttosto comparabile all’influenza. La ragione per cui le istituzioni hanno adottato dei provvedimenti di sanità pubblica è che si tratta di un virus nuovo, per cui nessuno di noi ha gli anticorpi. Quindi lo scenario è quello della spagnola del 1918. La malattia non è grave ed è poco contagiosa, ma se si lasciassero le cose come sono, senza prendere provvedimenti, ci ritroveremmo in una situazione in cui in 6/8 settimane il 35-40% della popolazione sarebbe contagiato”. 

  1. La valutazione del rischio biologico deliberato, potenziale, occasionale

Non esiste solo il rischio biologico deliberato, ma anche quello occasionale e potenziale:

D.Lgs. n. 81/2008 – Art. 266- 1. Le norme del presente Titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.

Il rischio biologico va inquadrato ai sensi dell’articolo 271: il datore di lavoro è tenuto a valutare i rischi per la salute derivanti dall’esposizione agli agenti biologici presenti nell’ambiente di lavoro.

Il rischio biologico può essere sia deliberato (ovvero gli agenti biologici sono introdotti o presenti in maniera deliberata nell’ambito del ciclo produttivo) sia potenziale od occasionale. Sulla base degli esiti della valutazione è poi tenuto a porre in atto le misure necessarie a ridurre o eliminare, se possibile, l’esposizione agli agenti potenzialmente patogeni.

Per la valutazione del rischio l’articolo 28 comma 2) lettera a) D.Lgs. n. 81/2008 dispone che “la scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione”. 

  1. Obblighi inderogabili del Datore di lavoro

In caso di epidemia dichiarata dalle autorità sanitarie internazionali (Organizzazione Mondiale della Sanità OMS) e del paese (Ministero della Salute, Regione competente) il datore di lavoro deve aggiornare il documento di valutazione dei rischi, individuare misure di prevenzione e protezione, istruire, informare e formare il datore di lavoro, il tutto in stretta collaborazione con il medico competente.

Il lavoro che implica contatto continuativo col pubblico, o con colleghi, tra i quali è probabile la presenza di soggetti contagiosi, espone il lavoratore nell’ambiente lavorativo ad un rischio biologico che attiene la posizione di garanzia del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. e D. Lgs. n. 81/2008, articoli 271 e 272 in particolare. 

Il rischio da Coronavirus (Covid-19), o da epidemia influenzale, è rischio professionale se il lavoratore è esposto a tale rischio nel luogo di lavoro dove il datore di lavoro ha deciso debba essere svolta la prestazione lavorativa in misura significativa e per elevata presenza di pubblico e di colleghi il cui stato di salute riguardo l’epidemia non è ragionevolmente verificato.

Concettualmente è esattamente come il rischio rapina, se ragionevolmente prevedibile, deve essere oggetto di valutazione dei rischi.

Deve essere oggetto della valutazione dei rischi datoriale, nonchè di conseguente individuazione di istruzioni finalizzate alla prevenzione e protezione, e di DPI necessari ed adeguati. 

Il Titolo X del D.Lgs 81/2008, relativo all’esposizione ad agenti biologici sul luogo di lavoro, sancisce una serie di obblighi inderogabili quali la valutazione del rischio, la messa in atto di misure tecniche, organizzative, procedurali e igieniche, l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori nonché la sorveglianza sanitaria; per gli agenti biologici classificati nei gruppi 3 e 4 anche l’istituzione del registro degli esposti e degli eventi accidentali e quello dei casi di malattia e decesso.

E se il rischio di infezione da agenti biologici – compreso dunque quello relativo all’influenza da virus oppure la più grave polmonite da coronavirus ( Covid-19) – è più alto nel comparto sanità, vi sono altri contesti lavorativi che possono essere interessati in modo piuttosto significativo dal rischio di infezione da influenza pandemica, dagli aeroporti, all’attività di assistenza familiare, esercizi commerciali con elevato afflusso di pubblico, tatuatori ecc. 

Nel caso poi di epidemia particolarmente virulenta tutte le attività umane possono essere esposte al rischio di infezione. 

È possibile distinguere quattro livelli di rischio per gli operatori:

  1. Occupazioni a rischio di esposizione molto alto [operatori sanitari (OS) che eseguono manovre che generano aerosol su pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus, OS o laboratoristi che raccolgono o manipolano campioni provenienti da soggetti noti o sospetti per aver contratto il virus].
  2. Occupazioni a rischio di esposizione alto [OS adibiti a mansioni assistenziali nei confronti di pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus; OS adibiti al trasporto di pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus pandemico all’interno di ambulanze, OS che eseguono autopsie di pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus pandemico; addetti alle camere mortuarie].
  3. Occupazioni a rischio di esposizione medio [lavoratori del pubblico impiego addetti agli sportelli, lavoratori nel settore del trasporto aereo e navale, personale scolastico, lavoratori del settore alberghiero, forze dell’ordine, lavoratori del commercio, in particolare addetti alle casse ecc.].
  4. Occupazioni a rischio di esposizione basso [impiegati di uffici senza accesso al pubblico].

Le norme universali di protezione e prevenzione del rischio biologico hanno un valore generale e devono essere applicate ogni qualvolta si manifesti un rischio biologico potenziale, ipotetico/ occasionale:

  • rischio potenziale in ambito professionale: condizione nella quale le attività lavorative svolte possono comportare una possibile esposizione ad una condizione di potenziale pericolo;
  • rischio ipotetico/occasionale in ambito professionale: condizione nella quale le attività lavorative svolte in presenza occasionale di microrganismi pericolosi o potenzialmente tali, possono ipoteticamente dar luogo ad un’esposizione capace di causare l’insorgenza di un danno alla salute del soggetto esposto.

Parte della valutazione verrà sviluppata applicando gli articoli 271 e 272 e seguenti del D. Lgs. n. 81/2008, un’altra parte può essere svolta, scrivono Ravanelli, Di Lorenzo, Aguzzi, come una “composizione di valutazione dei rischi suddivisa per SCENARI STANDARD, di agile lettura e di rapida applicazione al mutare degli eventi.

Indipendentemente dallo scenario di prima applicazione, alla data di redazione del presente DVR, è compito del datore di lavoro, definire lo scenario di appartenenza dell’azienda al variare delle condizioni”.

Gli autori indicano che l’eventuale modifica dello scenario di appartenenza “può pertanto essere deciso e reso evidente ai fatti (compresa la ‘data certa’)” anche “mediante comunicazione scritta tracciabile da parte del datore di lavoro”.

Nel caso del “primo scenario (bassa probabilità di diffusione del contagio) – “ipoteticamente ascrivibile a zone nelle quali non siano presenti, nell’intera provincia, conclamati casi di contrazione della malattia o a tutti gli altri casi in cui si ritenga di definire “bassa” la probabilità di diffusione (in relazione allo stato dei fatti)” – il Datore di Lavoro “ritiene, al minimo, di adottare le seguenti misure di prevenzione e protezione:

  • Informazione a tutti i lavoratori in merito al rischio, mediante diffusione capillare […];
  • Affissione, in uno o più punti visibili della sede di lavoro, nonché nei servizi igienici e nelle mense e/o zone ristoro, del ‘decalogo’ […]. Tale manifesto dovrà essere sostituito quando dovesse essere emesso un similare ritenuto dalle autorità più aggiornato o più completo;
  • Affissione, nei servizi igienici aziendali, nei pressi dei lavamani, nonché nelle mense e/o zone ristoro ove siano presenti lavandini, delle ‘istruzioni grafiche per il lavaggio delle mani’ …;
  • Stretto controllo sugli accessi esterni (intesi come fornitori e/o appaltatori), per la limitazione al minimo dei contatti con i propri lavoratori. Se necessario, dotazione agli stessi di mascherina chirurgica;
  • Allontanamento immediato dal lavoro di qualunque lavoratore manifesti sintomi ascrivibili a quelli del coronavirus e interdizione per lo stesso al rientro al lavoro fino ad accertata negatività rispetto al virus o a completa guarigione”.

Nel caso di secondo scenario (media probabilità di diffusione del contagio) andranno adottate, scrivono i nostri tre autori, le seguenti “misure di prevenzione e protezione:

  • Tutte le misure indicate per Scenario 1;
  • Dotazione di dispenser distributori di igienizzante alcoolico per le mani agli ingressi aziendali, con cartello indicante la necessità di disinfezione delle mani all’ingresso presso la sede di lavoro (valido anche per l’ingresso di utenti esterni);
  • Uso di guanti in lattice monouso da parte dei lavoratori che debbano interagire con materiali / prodotti da scaffale, permanentemente esposti alla clientela;
  • Una attenta e puntuale valutazione delle eventuali ulteriori azioni da mettere in atto per lavoratori appartenenti a fasce di popolazione sensibili rispetto al rischio (minori, lavoratori oltre i 60 anni, lavoratori con nota immunodeficienza o che la dichiarino per la prima volta, avvalorandola con atti … anche le donne in stato di gravidanza, pur non essendoci ad oggi alcuna informazione di letteratura che indichi l’incidenza del virus sul feto …);
  • Dotazione di disinfettanti per superfici a base alcoolica e panni di carta usa e getta, al minimo per le postazioni/uffici destinati ad accogliere utenti esterni;
  • Limitazione al minimo indispensabile di attività di front office nei confronti di utenti esterni: si preferiranno, ove possibile, gestioni telefoniche. Ove non possibile, saranno valutate opzioni di front office con predilezione delle postazioni munite di vetro di protezione”.

Serve “adottare nelle pratiche di lavoro misure di prevenzione cosiddette ‘universali’ che in ogni situazione, indipendentemente dalla natura infettiva dei campioni trattati e delle condizioni di igiene del lavoro, garantiscano la assenza di una esposizione, così da raggiungere il controllo o l’abbattimento del ‘rischio di natura ed entità incerta’ connesso a queste attività” [da Influenza e prevenzione, Autori Vari, Rivista Prevention and Research ].

Con riferimento alle “Raccomandazioni generali ad interim per la riduzione del rischio espositivo in corso di pandemia influenzale nei luoghi di lavoro” del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, il sito indica che in ambito sanitario [ma ovviamente non solo sanitario] – laddove il documento di valutazione dei rischi (DVR) evidenzia la presenza di un rischio da agenti biologici – il datore di lavoro:

  • “verifica che le misure di prevenzione contenute nel DVR, compreso l’uso dei DPI, siano conformi a quanto previsto dalle indicazioni scientifiche e circolari ministeriali specifiche relative al virus [oggetto di prevenzione e protezione];
  • adegua all’attuale evento pandemico le azioni di prevenzione da mettere in atto, soprattutto per quanto riguarda l’informazione, la formazione, le procedure e l’organizzazione del lavoro, l’utilizzo dei DPI”.

Gli interventi a seguito della valutazione del rischio saranno finalizzati a due obiettivi:

  1. ridurre la trasmissione del virus;
  2. ridurre il rischio che un lavoratore suscettibile si infetti.

L’ISPESL ha individuato tre tipi di misure da adottare:

  1. Strutturali: riguardano l’ambiente nel quale viene svolta l’attività lavorativa (es. barriere fisiche di protezione, presidi per il lavaggio delle mani);
  2. Organizzative: riguardano le procedure da adottare sul luogo di lavoro per informare e proteggere il lavoratore (es. istruzioni per il lavaggio delle mani, per la corretta igiene respiratoria);
  3. Comportamentali: riguardano gli atteggiamenti da intraprendere da parte del singolo lavoratore (es. utilizzo dei dispositivi di protezione individuale) [si vedano I documenti Ispesl sull’Influenza A).

Linee guida per il Monitoraggio e il controllo sull’applicazione del D. Lgs. 626/1994 – Linee guida regionali, giugno 1997 riportano le Linee Guida Cee per effettuare la valutazione dei rischi – Direzione Generale V – III Sezione m che citano ESEMPI DI SITUAZIONI E DI ATTIVITA’ LAVORATIVE CHE RICHIEDONO UNA VALUTAZIONE DEI RISCHI, e tra questi:

“6. ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI

  1. a) Rischio di infezioni derivanti dalla manipolazione e dall’esposizione non intenzionale a microorganismi, esotossine ed endotossine.
  2. b)Rischio di infezioni dovute all’esposizione non intenzionale a microorganismi (per es: legionella liberata dai sistemi radianti di raffreddamento [ma anche epidemie ecc. n.d.r.]).
  3. e) Presenza di allergeni”.

Va qui segnalato l’utile documento per redigere la valutazione del rischio biologico nei casi di uso non deliberato di tali agenti: “ Valutazione del rischio biologico. Relazione sulla valutazione del rischio biologico correlato all’improvvisa emergenza legata alla diffusione del virus SARS-CoV-2 (cosiddetto ‘coronavirus’) causa della malattia Covid-19 (Art. 271 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i.)”, a cura dell’Ing. Andrea Ravanelli, del Dott. Fabio Di Lorenzo e della Dott.essa Irene Aguzzi.

  1. La giurisprudenza: omessa valutazione del rischio biologico

Cassazione Penale, Sez. 3, 27 luglio 2017, n. 37412 – Impresa agricola e inidonea valutazione dei rischi specifici. Esposizione al rischio biologico e necessaria nomina del medico competente

Il tribunale ha correttamente evidenziato, in maniera approfondita, tutti gli elementi posti a base della condanna, giacché il documento per la valutazione dei rischi, presentava nel caso di specie numerose incongruenze e incompletezze (in un’impresa agricola dedita all’allevamento principalmente di ovini, ma anche di suini e bovini risultavano indicati soltanto dipendenti adibiti alla pulizia delle stalle, rispetto ai quali peraltro, non erano analizzati con completezza i relativi rischi; pure essendo analizzati i rischi per le attività di coltivazione, ossia aratura erpicatura, fertilizzazione dei terreni, falciatura e trinciatura, non era indicato alcun lavoratore addetto, sul posto era presente una voliera con pollame senza che l’attività di avicoltura fosse indicata, non erano analizzati i rischi legati all’uso di attrezzature meccaniche dell’attività di allevamento, pur presenti né risultavano indicate le mansioni specifiche dei dipendenti). 

Del pari congrua e logica appare la motivazione allorché evidenzia l’omessa indicazione del rischio biologico specifico esistente in una delle lavorazioni (in particolare correttamente evidenziando la sentenza impugnata come mentre il documento riconosceva la presenza di rischi biologici a pagina 47 non analizzava i rischi legati alla possibile presenza di agenti patogeni veicolati dagli animali, nonostante vi fossero lavoratori addetti alla mungitura e allevamento esposti a tali rischi biologici (derivanti dal contatto con gli animali). 

La giurisprudenza di questa corte ha, in numerose occasioni, chiarito come non è solo l’assenza ma la incompletezza del DVR a concretizzare l’ipotesi di reato, giacché, ritenendo diversamente, tale redazione assumerebbe un significato solo formale. 

Da ciò correttamente deduceva, altresì, il tribunale, la necessità della nomina di un medico competente per la sorveglianza sanitaria, non nominato nonostante vi fosse l’esposizione al rischio biologico derivante dall’allevamento di animali”. 

Rolando Dubini, avvocato in Milano, cassazionista