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Autore: Redazione
Categoria: Rischio elettrico

27/05/2019: Un documento si sofferma sul monitoraggio biologico e sui valori di tolleranza biologica delle sostanze a cui si è esposti. Focus sulla capacità di assorbimento della pelle, sulle variazioni di esposizione e sui fattori extraprofessionali.

Lucerna, 27 Mag – Il monitoraggio biologico eseguito in un luogo di lavoro relativamente all’esposizione alle sostanze utilizzate nell’attività può essere molto importante per valutare il “carico tossico interno” o la conseguente reazione del lavoratore esposto a tali sostanze.

A ricordarlo e a fornire utili informazioni sul monitoraggio biologico è una pubblicazione dell’Istituto elvetico per l’assicurazione e la prevenzione degli infortuni ( Suva), un factsheet dal titolo “Monitoraggio biologico e valori di tolleranza biologica delle sostanze di lavoro” che, malgrado alcune differenze normative e di prassi (ad esempio riguardo ai valori limite di riferimento) tra Italia e Svizzera, è sicuramente utile per far luce su un importante strumento, il monitoraggio, per la prevenzione dei rischi.

La concentrazione e l’assorbimento delle sostanze

La capacità di assorbimento della pelle

La capacità di assorbimento della pelle

Le sostanze e i fattori extraprofessionali

La concentrazione e l’assorbimento delle sostanze

Nel factsheet, a cura di Michael Koller e Claudia Pletscher, si sottolinea che la relazione dose-effetto, cioè il “rapporto fra la concentrazione di una sostanza nell’aria ambiente e l’effetto sull’organo bersaglio, può essere influenzata da diverse variabili”.

Se a livello di vie respiratorie i fattori di variabilità possono essere l’entità del carico sull’organismo, la biodisponibilità e l’utilizzo di un DPI per le vie respiratorie, bisogna tenere conto anche dell’assorbimento supplementare della “sostanza nel tratto gastrointestinale e attraverso la pelle” e di altri fattori, come l’interazione con sostanze di lavoro, medicamenti o alcol.

La capacità di assorbimento della pelle

Riguardo alla capacità di assorbimento della pelle, si sottolinea che “l’assorbimento percutaneo delle sostanze di lavoro riveste un’importanza particolare”.

E nel caso di sostanze facilmente “assorbite dalla pelle con una bassa pressione di vapore e dunque un assorbimento relativamente basso attraverso le vie respiratorie, il rischio legato all’assorbimento percutaneo è nettamente superiore rispetto a quello legato all’inalazione di tali sostanze”.

Se poi vi sono lesioni dello strato corneo (ad esempio in caso di eczema) “l’assorbimento percutaneo può essere decisamente più elevato e addirittura più significativo di quello polmonare. Per aumentare significativamente l’esposizione alle sostanze pericolose bastano anche lesioni cutanee di minima entità”.

Il factsheet segnala alcuni esempi di sostanze per le quali l’assorbimento transcutaneo “è fondamentale per l’insorgere di un’intossicazione”: “il fenolo, le ammine aromatiche, i nitroderivati, gli organofosfati alla base di molti prodotti fitosanitari, o la classe dei glicoleteri”, …  Inoltre sostanze come i solventi organici, che di per sé non sono assorbiti facilmente dalla cute, “possono penetrare attraverso la pelle una volta combinati con altre sostanze quali DMSO, DMF o composti glicolici (effetto carrier)”.

Senza dimenticare che oltre alla penetrazione in seguito a contatto cutaneo diretto, “l’assorbimento può avvenire anche attraverso indumenti contaminati o la fase gassosa o vaporosa di un solvente”

Le sostanze e il metabolismo

Un altro fattore che può incidere poi sulla relazione tra carico esterno ed effetto sull’organo bersaglio è “costituito dalle interazioni, che vengono distinte in tossicocinetiche e tossicodinamiche”.

A questo proposito si indica che le interazioni tossicocinetiche “riguardano i processi di assorbimento, distribuzione, biotrasformazione ed escrezione” e le interazioni tossicodinamiche “possono manifestarsi a livello dei recettori per le sostanze di lavoro”.

Riguardo al metabolismo si indica che in caso “di inibizione della detossificazione, si riscontra da un lato una maggiore concentrazione sierica delle sostanze di lavoro e dall’altro una escrezione urinaria di metaboliti ritardata e associata a un picco inferiore”. Inoltre il metabolismo “può essere anche attivato, con conseguente riduzione del carico interno”.

In generale, “l’effetto di una sostanza tossica può essere ridotto (antagonismo) o aumentato (sinergismo di potenziamento) da altre sostanze”.

Sono riportati alcuni esempi di interazioni significative di sostanze di lavoro con conseguente inibizione del metabolismo della seconda sostanza per alcune coppie di sostanze (toluene e esano, tetracloroetene e tricloroetano, metiletilchetone e esano e metanolo e diclorometano).

Si presentano nel documento anche esempi, in coppie di sostanze, di situazioni di inibizione reciproca del metabolismo o di accelerazione del metabolismo.

Le sostanze e i fattori extraprofessionali

Il factsheet si sofferma poi sugli eventuali fattori extraprofessionali che “possono a loro volta incidere sulla relazione tra carico esterno ed effetto sull’organo bersaglio e dunque influenzare i parametri del monitoraggio biologico”.

Si indica, ad esempio, che il metabolismo di xilene, stirene, tricloroetano, metiletilchetone e toluene “può essere inibito da un effetto acuto dell’alcol, che si traduce in un aumento delle concentrazioni di tali sostanze nel sangue e in una diminuzione delle concentrazioni dei loro metaboliti nelle urine. A causa dell’influsso dell’alcol è stata osservata anche una ritardata escrezione di N-metilformammide nelle urine, che costituisce il parametro di esposizione alla dimetilformammide (DMF)”.

Il factsheet si sofferma anche su come cambia l’esposizione alle sostanze nei fumatori.

Si indica, ad esempio, che è stata evidenziata “un’esposizione supplementare a sostanze come il monossido di carbonio, il cadmio, il nichel e gli idrocarburi policiclici”: i fumatori “presentano dunque concentrazioni superiori di tali sostanze nel sangue e nelle urine rispetto ai non fumatori”.

Inoltre carichi interni superiori nei fumatori “possono derivare anche dalla contaminazione delle sigarette, ad esempio se si fuma nei posti di lavoro con esposizione al piombo”.

Riguardo al tema delle interazioni, il documento elvetico si sofferma anche sulle interazioni tra medicamenti e sostanze di lavoro.

Si segnala che queste interazioni “rilevabili attraverso il monitoraggio biologico o in grado di modificarne i risultati, non sono state finora oggetto di esami sistematici”.

È noto, ad esempio, che “medicamenti a base di nitriti, nitroglicerina o sulfonamide possono indurre una metaemoglobinemia e rendere difficoltoso il monitoraggio biologico di sostanze che inducono la formazione di metaemoglobina”.

Il documento riporta, in conclusione, anche alcuni riferimenti alla variabilità genetica.

Infatti la concentrazione di una sostanza di lavoro nell’organo bersaglio “dipende anche dalla variabilità genetica degli enzimi metabolici”, ed esempi noti sono “i polimorfismi degli isoenzimi CYP450, della glutatione-S-transferasi o della N-acetiltransferasi”.

Rimandiamo, infine, alla lettura integrale del factsheet di Suva che riporta ulteriori informazioni riguardo al tema dell’esposizione (esposizioni extraprofessionali, fattori fisici individuali, …) e che si sofferma ampiamente sui valori di tolleranza biologica delle sostanze di lavoro e sui programmi di monitoraggio biologico.

N.B.: Se i riferimenti legislativi e alcune indicazioni contenute nei documenti di Suva riguardano la realtà elvetica, le informazioni riportate sono comunque utili per migliorare la prevenzione dei rischi in tutti i luoghi di lavoro.

RTM

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